Cosa facciamo noi? E' la domanda di Andrea Riccardi all'Europa, di fronte alla politica isolazionista e nazionalista di Trump
Oggi si parla tanto di Donald Trump. Giustamente,
anche perché il nostro futuro dipende - almeno in parte - dalle
scelte degli Stati Uniti e del suo presidente. Durante la campagna
elettorale molti hanno sperato che le sue affermazioni fossero eccessi
verbali o propagandistici. Non è così. Il neopresidente sta mettendo
in pratica le promesse agli elettori. In America c'è parecchia
opposizione: manifestazioni specie contro il bando degli stranieri di
alcuni Paesi musulmani e, complessivamente, verso la politica di
Trump. Una parte degli americani è però con lui. Il nuovo inquilino
della Casa Bianca afferma la supremazia dell'interesse degli Stati
Uniti sugli altri impegni e legami internazionali assunti in passato:
America first. È una forma di nazionalismo e isolazionismo, solo in
parte in continuità con la storia americana. C`è qualcosa di nuovo in
questa politica, che è la risposta nazionalista e statunitense alla
globalizzazione. L'onda lunga del nuovo corso americano influenzerà
una parte del mondo, più di quanto oggi pensiamo. Si può discutere
molto su Trump, che occuperà a lungo la scena mediatica. Ma c'è
un`altra discussione forse più interessante
per noi. Riguarda quello che hanno intenzione di fare gli europei.
Non ci si può solo lamentare di Trump, perché svuoterà la Nato o non
si assumerà il peso della difesa in varie parti del mondo. La sua
presidenza rappresenta una sfida complessiva ai Paesi europei. Noi che
facciamo? Abbiamo intenzione di restare divisi e guardinghi gli uni verso gli altri come
finora? Trump rivela quanto il mondo è cambiato: come Paesi di
piccolo taglio, quali i nostri, siano irrilevanti o destinati a subire
la storia. Si sta per compiere il sessantesimo
anniversario dei Trattati di Roma, tappa fondamentale del processo
d'unificazione europea. Li firmarono sei Paesi europei: Francia,
Italia, Repubblica federale tedesca, Belgio, Paesi Bassi e
Lussemburgo. Fino al 1973 i partner europei sono rimasti sei, poi è
cominciato l'allargamento. Esistono oggi gradi diversi di
coinvolgimento e aspettative differenti degli Stati membri verso
l`Unione. Si capisce come quelli dell'Est stentino a cedere pezzi di
sovranità, dopo che hanno da poco riacquistato la libertà dal
controllo sovietico. Recentemente la cancelliera Merkel ha proposto
che, al vertice celebrativo di Roma il 25 marzo, si ratifichi un'Europa
a più velocità. Un cerchio stretto si formerebbe con l'integrazione
dei Paesi che investono di più sull'unità. Era un'idea circolata nei
mesi passati, ma sembrava archiviata. Oggi è la risposta più
responsabile all'America di Trump.
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